Mentre i teatri italiani stentano a riaprire, l’attrice toscana racconta di sé e della sua carriera a Teatro.it: dopo la prosa, apre al cinema e alla fiction di qualità.
“Dopo il virus, torno a casa e ricomincio dalla luna”. Marianella Bargilli, una delle più versatili e talentuose attrici italiane, come tutti i suoi colleghi sta preparando il rientro in scena e il ritorno alla normalità, una volta attenuata la bufera del Covid 19. Teatro.it l'ha intervistata per fare il punto sulla sua carriera, e non solo.
Dove sarà la luna?
A Cecina, il paese dove sono nata, sul palcoscenico del Teatro Eduardo De Filippo. La sala aveva riaperto a febbraio, dopo due anni di lavori. Poi è arrivata la pandemia e naturalmente si è fermato tutto. Ma ora il teatro si rimette in moto. Il direttore Alessio Pizzech, un toscanaccio livornese doc, ha voluto un’attrice del posto come me per ripartire. Ovviamente non posso entrare troppo nei dettagli: faremo una lettura, stiamo montando una specie di recital per il 29 luglio, nell'ambito di alcune serate con la luna come filo conduttore. Sono molto contenta di dare una mano a un amico e anche di fare qualcosa per il teatro di casa mia. Vedremo. Per ora mi sembra che stia venendo abbastanza bene, ma io sono una nota pignola e perfezionista.
Come nasce Marianella Bargilli attrice?
Con lo studio, tanto studio, e con l’applicazione, il lavoro. Ho iniziato con una donna cui devo tutto: la grande Beatrice Bracco. Al suo Teatro Blu di Roma hanno studiato attori del calibro di Kim Rossi Stuart, Gianmarco Tognazzi, Paola Cortellesi, Claudia Gerini, Claudio Santamaria e altri ancora. Io ho studiato con lei per tre anni. Beatrice diceva: "se c’è una tua caratteristica che ti piace, una cosa che ritieni un pregio, utilizziamola. Ma mettiamo anche in evidenza le criticità e sfruttiamole a nostro vantaggio".
Ti ha insegnato molto quindi...
Sono stata fortunata a incontrarla e ad averla come coach, con lei sono andata nel profondo e ho imparato a capire questo mestiere. Lavorare con lei è stata per me un’esperienza umana importante. Beatrice Bracco era una persona speciale che purtroppo se ne è andata via troppo presto: tutti quelli che hanno studiato con lei l’hanno amata profondamente. Mi ha insegnato a mettere la luce nelle cose che si fanno. Ogni volta che salgo sul palcoscenico è come se ripartissi da zero, anche se si tratta della replica di uno spettacolo che ho già recitato cento volte. Mi comporto come se io fossi una pagina bianca. Ogni volta si riscrive da capo la storia del personaggio che si porta in scena.
Altri progetti, dopo Cecina?
Il 2 febbraio scorso ho finito la mia tournée con La cena delle belve (2017). Un grande successo. E’ stata una rivelazione anche per noi visto che si trattava di un titolo che arriva dall'estero, poco noto in Italia. Tutti noi siamo felici di averlo portato in scena. Ora ho in cantiere una nuova produzione, un Pirandello: Uno, nessuno, centomila. Lavoro con Pippo Pattavina e la regia di Antonello Capodici. Posso anticipare che sarà un curioso e innovativo allestimento.
Si fa presto a dire innovativo…
Lascio il giudizio al pubblico. Vanno in scena cinque persone. I personaggi femminili sono tre, e li faccio tutti io. Il regista ha deciso così. A dicembre iniziamo le prove e a gennaio si debutta. Così, al volo! (risata della Bargilli)
Molto teatro nel curriculum di Marianella Bargilli. Poca televisione, cinema quasi non pervenuto.
E’ vero, ma sono giunta a un punto della mia vita professionale in cui cambieranno un po’ di cose. Io negli ultimi vent'anni non sono praticamente mai uscita dal teatro. In tournée con i vari spettacoli, oppure immersa fino al collo nella gestione del Quirino (dal 2009 si occupa dell'ottimizzazione artistica e organizzativa del Teatro Quirino - Vittorio Gassman di Roma e dal 2010, nello stesso Teatro, è ideatrice e direttore artistico della rassegna Autogestito, ndr).
Ora mi sto divertendo a cercare altro, mi sento pronta a fare qualcosa di più. Il cinema è sempre stata una mia passione, da quando studiavo al Dams di Bologna. C’è un progetto per un film che dovrebbe iniziare le riprese verso settembre: vediamo se ci saranno sviluppi. La televisione modello-gossip mi interessa poco, potrei andare giusto per parlare del mio lavoro. Ma se mi offrono una fiction seria, la faccio volentieri.
Quale ruolo ti è piaciuto di più tra quelli interpretati finora?
Ad inizio carriera sono stata catapultata nella prosa italiana con il Pigmalione (2004) di G.B. Shaw: un’esperienza di vita infinita. Mi sono trovata alle prese con Eliza Doolittle: un personaggio enorme, per chi inizia a camminare sul palcoscenico. Ma me la sono cavata, sono sopravvissuta e andata avanti. Poi ci metto L’importanza di chiamarsi Ernesto (2014). Io facevo un personaggio maschile, mi sono divertita tanto. Era una sfida intrigante recitare Wilde. Gli autori importanti sono grandi palestre. Pirandello, per esempio, ti consuma e ti mette dentro l’inquietudine. Wilde mette in scena la leggerezza, il sarcasmo, ma nello stesso tempo una grande verità. Basta pensare alle sue massime. E’ stato uno spettacolo perfetto. La regia di Geppy Gleijeses era bellissima; Lucia Poli era straordinaria. Io in scena mi diverto sempre, ma quella volta c’era la parte maschile del mio carattere che prendeva vita. La mia mente la metteva in scena e poi si divertiva ad esorcizzarla. Questa sfumatura di ambiguità di genere c’è sempre stata in me, e non l’ho mai nascosta.
Che attrice è Marianella?
Credo di avere capito una cosa, su di me: mi piace sorprendere, non essere fissa, non voglio essere sempre uguale a me stessa. Mi piace l’idea di camuffarmi. Posso essere brutta oppure bellissima, una bomba sexy. Nello Scarfalietto (2010) di Scarpetta ero un mostro. Non ho bisogno di proteggere a tutti i costi il mio status di bella donna. Ho fatto Margherita Gauthier ne La Signora delle Camelie (2018), un ruolo estremamente complesso: ma di certo si tratta di interpretare una donna bellissima. Mi piace l’idea di sorprendere il pubblico e di regalare attraversa la sorpresa le emozioni per le quali hanno pagato il biglietto.
Che rapporto hai con il pubblico?
Mi intimorisce. Mi eccita, ma mi intimorisce. E’ l’ambiguità che c’è alla base di questo mestiere. Vuoi salire sul palco, ma nel contempo in realtà non vorresti. Non puoi farlo, ma ormai sei in ballo e devi farlo lo stesso. Non è una cosa che accade solo a me, succede praticamente a quasi tutti. Io penso che sia il nostro massacro quotidiano. Andare in scena è faticoso, pericoloso; ci mettiamo sempre alla prova. Ci facciamo sempre del male, facendoci del bene. L’attore è una creatura che vive di continui impulsi emotivi. E’ come se dentro di noi ci fosse una corrente elettrica che ci trasforma in quello che siamo o che dobbiamo diventare.
Marianella Bargilli è una donna molto bella. Ma poi c’è il problema dei fans molesti…
Per fortuna fino a oggi non ho avuto esperienze negative di questo genere. Avrei delle riserve anche sul discorso bellezza. Io non mi sento bellissima e di certo non ostento l’aspetto fisico. Anzi, sono anche un po’ pudica. Devo dire che mi sento meglio adesso rispetto ad anni fa: per avere la mia età (49 anni, ndr), sono in forma. Non sono fissata con l’estetica. Mi piace la naturalezza delle cose, non mi sono “rifatta” nulla. Per ora sta tutto su da solo, poi si vedrà. Di certo lo sport e l’attività fisica aiutano. Faccio yoga. Ho scoperto da poco la scherma, una disciplina meravigliosa. Vado a cavallo, sui pattini, nuoto: di certo non sono una che va in palestra a fare i pesi.
Ti piace fare sport per tenerti in forma, insomma
Mi piace la disciplina dello sport inteso come arte: c’è sempre qualcosa di artistico nell'espressione del corpo. Lo sport aiuta ad avere l’atteggiamento giusto per affrontare la giornata. Si deve leggere, si deve allenare il corpo e la mente, ci vuole la giusta dose delle cose che ci fanno stare bene. Tutto quello che mette in moto l’organismo, ti procura un senso di vita. Comunque la bellezza passa, il teatro resta.